La corsia pediatrica
Anche nell’ospedale di Kabul, come in tutti gli altri Centri di Emergency, esiste la corsia pediatrica, perché anche qui, in Afganistan, il 30% delle vittime della guerra sono bambini. Degli 834 pazienti ricoverati tra novembre 2001 e aprile 2002, 269 sono bambini al di sotto dei 14 anni. Di questi, 139 sono arrivati in ospedale per ferite da proiettile, schegge e mine e molti di loro sono usciti senza gambe, mani, occhi e davanti un futuro da invalidi. In un paese di 21 milioni di abitanti, sono più di un milione gli amputati e molti di loro sono bambini, condannati per sempre dalle moderne strategie militari ad essere membri improduttivi della comunità.
Costruito tra gennaio e marzo 2001, l’ospedale di Emergency ha iniziato l’attività clinica il 25 aprile per fermarsi dopo un mese e riaprire il 10 novembre, quando gli eventi della nuova guerra che ha colpito l’Afganistan hanno permesso al nostro personale di rientrare a Kabul e ricominciare a operare.
A volte questi bambini arrivano con una gamba maciullata da una mina o col torace perforato da un proiettile, ma sono anche altre le malattie dalle quali i medici di Emergency li devono guarire: le condizioni di estrema povertà, l’assenza di igiene, la denutrizione, il freddo, la mancanza di vaccinazioni hanno reso questi bambini vulnerabili e fragili.
Il reparto pediatrico è stato costruito ed equipaggiato per poter dare assistenza ai piccoli afgani, nati quando la guerra era già in corso da molti anni e che mai, in vita loro, hanno vissuto un momento che non fosse sotto le bombe o al riparo da un proiettile.
La corsia ha 15 letti, sempre occupati, e allegri e coloratissimi disegni sui muri. Il personale è particolarmente attento ai bisogni di queste piccole vittime di guerra, non solo per quanto riguarda i trattamenti sanitari, ma anche – soprattutto – alle loro esigenze umane e affettive. E all’esterno, un piccolo parco giochi li aiuta a trascorrere più serenamente le lunghe giornate di ricovero.
Il 28 febbraio una intera classe scolastica è stata ricoverata nella corsia pediatrica del Centro chirurgico di Kabul. Sono arrivati in 23 da Sorobi, un villaggio a circa un’ora e mezzo dalla capitale, e forse uno o due non hanno fatto in tempo. Erano in aula quel mattino, quando all’improvviso c’è stato uno scoppio tremendo: una granata piovuta dall’alto o una mina portata da un bambino, non si saprà mai.
Qualcuno di loro ha descritto un oggetto metallico: era giallo e bianco, proprio come i frammenti delle cluster bombs che in questi mesi i B52 americani sganciavano sull’Afganistan; alcune esplodono, altre rimangono sul terreno, coloratissime, pronte per essere raccolte da qualche bambino curioso, portate a scuola e mostrate ai compagni. L’unica certezza che abbiamo intorno a questo ennesimo “effetto collaterale” del nuovo conflitto è che 23 bambini che quel giorno erano incamminati verso un’esistenza serena quanto le condizioni del loro paese consentivano, dal 1° marzo si sono trasformati in 23 handicappati, condannati da una bomba colorata e da una guerra vergognosa.
I costi (anno 2002)
Per il reparto pediatrico del Centro chirurgico di Kabul ogni mese vengono spesi circa 5 mila euro per coprire i costi delle medicine, del materiale di consumo, del cibo e degli stipendi dello staff nazionale.