L’idea di realizzare una scuola popolare di musica nella Palestina occupata ha radici sprofondate nel passato più remoto e allo stesso tempo si proietta in avanti, verso un futuro che invece vorremmo fosse più vicino e sereno. È un ponte di continuità tra l’espressione più alta di una cultura antica, ricca e intrisa di una spiritualità che può esistere solo in quei luoghi e l’identità di un popolo soffocato e isolato da un’occupazione militare che dura da oltre cinquant’anni. Ed è anche un ponte tra due culture, quella palestinese e quella ebraica, costrette dalla guerra a essere lontane e antagoniste.

Il popolo palestinese sta assistendo impotente alla rapida e inesorabile frammentazione del suo territorio, dove un reticolo di strade a uso esclusivo dei coloni israeliani, recinzioni, muri di “sicurezza” alti 8 metri e la presenza costante di soldati con carriarmati, mezzi pesanti e blocchi fissi o temporanei impediscono ogni tipo di movimento e quindi di scambio. Le terre vengono sottratte ai contadini man mano che i nuovi insediamenti di coloni, pochi container presidiati dai soldati che diventano in breve tempo un villaggio vero e proprio, spuntano illegalmente all’interno dei Territori Occupati, altre terre palestinesi si trasformano in cantieri per la costruzione di nastri di asfalto che cancellano campi e case stravolgendo la natura e la vita della gente che lì ha da sempre le sue radici. La devastazione, sotto tutti i punti di vista, sta toccando livelli abominevoli con la costruzione del muro, un enorme serpente di cemento che sta fagocitando terre, falde acquifere, interi villaggi e presenta un conto altissimo in termini di vite umane.

Difficile parlare di qualità della vita in queste condizioni, difficile pensare alla salvaguardia dell’identità e allo sviluppo di attività culturali. Eppure la stragrande maggioranza dei palestinesi, anche quelli che vivono nelle aree in cui l’occupazione è più pressante e violenta, vuole credere che la vita dei propri figli sarà migliore, che il popolo palestinese non perderà il senso di appartenenza alla terra e alla propria cultura, che è ancora possibile trovare una strada alternativa per arrivare alla pace e alla stabilità. Il desiderio di normalità e di integrità è enorme e immensamente più grande di qualsiasi desiderio di rivalsa e anche tra le macerie di un campo profughi ci sarà sempre un uomo o una donna che parla con rimpianto degli anni dell’università, un poeta che ancora declama poesie dedicate alla Palestina ricordata o sognata o un suonatore di liuto che anche i bambini ascoltano senza fiatare.

La scuola di musica di Ramallah, così come è stata pensata nel progetto che vi proponiamo, dovrà essere il luogo in cui questi desideri vengono raccolti e ampliati fino a toccare e rianimare tutti gli aspetti di una cultura logorata da un’occupazione umiliante in cui la necessità di sopravvivere non lascia alcuno spazio alla creatività.
Sarà una scuola popolare, perché popolare è la cultura della tradizione anche quando si esprime attraverso le parole dei grandi poeti o le note degli autori più illustri della musica araba classica e contemporanea. Gli studenti frequenteranno lezioni teoriche e pratiche tenute da insegnanti di musica del conservatorio, compositori e strumentisti palestinesi che metteranno a disposizione la propria esperienza per chi desidera imparare a suonare strumenti tradizionali come l’oud e il canoon o anche il pianoforte, la chitarra, le percussioni.
Potranno frequentare lezioni di canto, perfezionare l’uso della voce, lo strumento più importante di tutti perché veicola parole che parlano dell’amore, del dolore della separazione, dell’esilio e della speranza di tornare.
Potranno ascoltare la musica che arriva da altre parti del mondo, supera i confini e sconfigge le barriere dello spazio e del tempo. Riscopriranno le origini della tradizione musicale palestinese nel senso più ampio del termine, una tradizione comune per i due popoli, dalla Mesopotamia alla Spagna, in cui le due culture non possono che arricchirsi reciprocamente grazie alle differenze.

La scuola sarà un luogo di incontro tra persone simili e diverse, per stimolare la conoscenza e il rispetto e tentare di rispondere con il dialogo ai pregiudizi, con la civiltà della pace all’inciviltà della guerra. Per guardare al futuro continuando a costruire insieme, e non demolendo, un patrimonio di storia vissuta e sofferta sia da israeliani che da palestinesi.
Conservare e vivificare con nuova linfa questa tradizione significa dare continuità a un’evoluzione che rischia di interrompersi e regredire a causa della violenza della guerra e dell’indifferenza del mondo, significa valorizzare il legame con le generazioni precedenti che fortifica i più giovani e li sottrae alla disperazione, che è sempre una cattiva compagna e una pessima consigliera, significa utilizzare la musica come linguaggio universale per dare una risposta attiva a chi vuole fomentare i conflitti tra civiltà e religioni.

In un mondo in cui la grandezza di uno stato si misura in termini di forza militare e potere economico e la parola popolo è caduta in disuso perché la rappresentanza è l’ultima preoccupazione dei governi, contrapporre una piccola scuola di musica a un esercito potente e aggressivo può sembrare un’utopia. Eppure, i suoni che dal cuore di Ramallah arriveranno fino al muro di cemento, poche centinaia di metri più in là, hanno un insospettabile potere di erosione. La musica si insinuerà nel silenzio greve di una guerra che impoverisce anche Israele, che, impermeabile a qualsiasi concetto di legalità e diritto internazionale, con la violenza costringe i palestinesi a una risposta violenta. La musica aprirà un’altra strada, risponderà con la forza della conoscenza e del dialogo alla logica distruttiva di una guerra che non risolve i problemi ma accelera la crescita degli estremismi in entrambe le parti, parlerà con il linguaggio dell’umanità che ama la vita e sogna la pace.

Il progetto sarà realizzato e curato da Kufia onlus, associazione nata in Italia nel 2002 con il doppio obiettivo di promuovere la cultura palestinese nelle sue diverse forme di espressione e di sostenere concretamente attraverso la cultura il riconoscimento dei diritti storici del popolo palestinese. Tra i progetti promossi da Kufia, la mostra “Cento disegnatori per la Palestina” a cui hanno aderito autori palestinesi, israeliani e di numerosi altri paesi, il progetto “Vino di Cana” in corso di realizzazione nell’antico villaggio della Galilea dove secondo la tradizione Gesù fece il suo primo miracolo e presso la comunità cristiana di Aboud (Ramallah), lo sviluppo dell’apicoltura e della coltivazione del tabacco a Tulkarem, piccola città della Cisgiordania chiusa nella morsa del muro.

Nel ringraziarvi per la cortese attenzione e l’interesse dimostrato per il progetto e il suo significato, porgo i miei più cordiali saluti.

Ali Rashid
Primo segretario Delegazione generale Palestinese in Italia

05.11.21-Kufia

Genova, 18 novembre 2004

Ogg.: Scuola di musica in Palestina

Nel corso della mia ultima visita a Ramallah, Palestina, ho avuto la possibilità di incontrare le persone che si occuperanno della gestione di tutte le attività necessarie per l’avviamento del progetto e di visitare le strutture disponibili per la realizzazione della scuola.
La persona incaricata del coordinamento delle attività e responsabile della gestione dal punto di vista amministrativo e legale è il Sig. Ibrahim Hamid, provveditore agli studi per le scuole del Patriarcato Latino, che sta curando i rapporti con le varie parti e già collabora con la nostra associazione nella promozione e nello sviluppo di altri progetti in Palestina. Grazie alla sua attività di docente, svolta per molti anni prima di diventare preside e poi provveditore, e ai contatti ancora molto attivi con il mondo accademico e intellettuale di Ramallah, il Sig. Hamid ha costituito una piccola rete di persone, che comprende accademici, insegnanti di musica del conservatorio di Ramallah (l’unica scuola di musica a livello nazionale) e collaboratori del ministero della cultura palestinese, che hanno garantito il proprio contributo alla realizzazione del centro e all’avvio delle varie attività.
Con il Sig. Hamid ho visitato le strutture che ospiteranno la scuola, entrambe messe a disposizione dal Patriarcato Latino in una zona molto bella, vicino all’università di Bir Zeit, a circa 15 minuti dal centro di Ramallah. La prima struttura è un appartamento su due piani (circa 100 mq x 2) con ingresso indipendente, situato al piano terra di un edificio di recentissima costruzione, in posizione panoramica sulla sommità di una collina. Il piano superiore dell’appartamento, che doveva ospitare un asilo nido poi non realizzato, è suddiviso in quattro stanze più vano cucina e servizi ed è già utilizzabile. Il piano inferiore, collegato a quello superiore mediante una piccola scala, è invece un unico vano e richiede alcuni lavori di manutenzione. Questa parte corrisponde al piano interrato sul lato dell’edificio dove si trovano il portone e l’ingresso dell’appartamento e al piano terra sull’altro lato, dove è possibile chiudere lo spazio destinato ai parcheggi e usufruire di ulteriori metri quadrati.
La seconda struttura, attualmente a disposizione del parroco di Bir Zeit, Padre Aziz, e non utilizzata, è una sala originariamente destinata a spettacoli teatrali, completamente spoglia a parte un piccolo palco. È adiacente a un’altra sala, che potrebbe essere idonea per proiezioni di film, video e prodotti multimediali, e a una stanza che potrebbe invece essere utilizzata come magazzino per gli strumenti.
Il Sig. Hamid ha preso contatti con un architetto perché faccia uno studio mirato sulle due strutture disponibili e una stima dei costi di ristrutturazione e/o riadattamento dei locali in base alle esigenze specifiche del progetto.
La parrocchia di Bir Zeit non è in grado di concedere le due strutture gratuitamente ma il Patriarcato ci ha assicurato che l’affitto richiesto sarà estremamente contenuto. Per il completamento dei lavori, prevediamo che la data finale non vada oltre il 15 febbraio 2005, il che ci consente di ipotizzare come data per l’apertura ufficiale della scuola il 1° marzo 2005.
Abbiamo proposto la presidenza onoraria della scuola, che verrà intitolata alla musica italiana, al Patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbagh, poiché il Patriarcato sta seguendo con grande interesse queste prime fasi del progetto e ha garantito il proprio supporto mediante le forme di collaborazione che riterremo possano essere utili alle nostre iniziative.
L’amministratore del Patriarcato, Padre William Shomali, che si è attivato in prima persona in particolare per il reperimento degli spazi idonei, sarà anche garante per l’apertura e la gestione del conto corrente dedicato al progetto, il cui titolare sarà il Sig. Ibrahim Hamid, in qualità di rappresentante dell’associazione Kufia a Ramallah e responsabile dell’amministrazione del progetto. Sarà cura del sig. Hamid far pervenire ogni tre mesi ai partecipanti italiani al progetto un rendiconto economico, con i movimenti del conto corrente e i relativi giustificativi, e un rapporto sull’andamento delle attività, evidenziando eventuali esigenze di vario tipo che dovessero insorgere (necessità di contattare nuovi insegnanti, mancanza di strumenti musicali, lavori di manutenzione e così via).

Sulla base delle informazioni acquisite, abbiamo riformulato la bozza di budget del progetto. I costi di realizzazione del progetto per il primo anno ammontano a circa 80.000 Euro così suddivisi:

Affitto di un appartamento su due piani e di una sala per cinema-teatro nella zona dell’università di Bir Zeit (comprensivo delle spese di ristrutturazione): 2.000 x 12 mesi = 24.000 Euro
6 insegnanti per gli strumenti principali: pianoforte, liuto, chitarra, violino, percussioni, fiati 500 x 6 x 10 mesi = 30.000 Euro
Direttore artistico part time 400 x 10 mesi = 4.000 Euro
Direttore amministrativo part time 400 x 10 mesi = 4.000 Euro
Arredamento 3.000 Euro
Guardiano 400 x 12 mesi = 4.800 Euro
Spese correnti 200 x 12 mesi = 2.400 Euro
Missioni per avvio progetto 2.000 x 2 viaggi = 4.000 Euro

Totale = 80.200 Euro

Nell’elenco non sono incluse le spese per l’acquisto di strumenti musicali che verranno in parte donati dagli sponsor italiani e in parte acquistati sul posto (gli strumenti tradizionali locali). Prevediamo che il reperimento della strumentazione venga completato entro i primi di febbraio 2005.

Cara compagna Haidi,
ti scrivo con grande piacere questa lettera dopo che Ali e Paola mi hanno parlato di te e ti ringrazio a nome di Kufia per l’aiuto che hai voluto offrire al progetto “al diwan”. Come te, anch’io sono cresciuto comunista, nel rispetto tutto terreno della giustizia, della vita e della dignità, mentre una parte della mia persona si è rivolta a Dio. In questo cielo, il cielo di Abramo e di Gesù, sentiamo anche la presenza di Carlo, sentiamo sospesa nell’aria la sua anima, che qui troverà altri amici, altre anime belle di giovani che come lui amavano la vita e l’hanno perduta increduli.
Sotto questo cielo, le attività che organizzeremo nel nome di Carlo restituiranno il senso della vita alla sua anima e ai giovani che frequenteranno i corsi della scuola di musica, il senso della dignità e della libertà. Il tuo dolore si diluirà nel nostro e il nostro dolore nel tuo.
Una targa con il nome di Carlo verrà posta sulla porta del diwan ed un suo ritratto indicherà la sua anima e la sua presenza, inviterà per una sommessa preghiera, un composto raccoglimento dinanzi alla stella che dimora in noi. Vorremmo chiederti di raccontarci la sua storia, che poi noi tradurremo in arabo e in inglese perché tutti gli ospiti del diwan possano conoscerla.
Crediamo che le persone che lottano per la pace nel mondo soffrano allo stesso modo e condividano lo stesso obiettivo. A questo punto della nostra esperienza, siamo consapevoli che esiste un prezzo da pagare. A volte il prezzo si paga scontando lunghi anni di carcere, soffrendo o perdendo tutto ciò che ha più valore o le persone più amate. Facciamo sì che ciò non avvenga senza dover rinunciare all’immenso e dolce sogno di libertà. Sappi che noi continueremo a farlo in nome di Carlo e di tutti gli altri figli.
Stai certa che sapremo onorare la loro memoria, il tuo dolore, facendo quello che possiamo ora per ora, dedicandoci come fabbrica di diamanti alle piccole opere certe che lasciano il segno, per limitare il più possibile i loro danni e per tenere vivo il grande sogno, migliorandoci – anche dove sembra impossibile – ogni giorno.    
Con i primi soldi, compreso il vostro contributo, stiamo preparando il diwan per accogliere i fratelli di Carlo da tutto il mondo e speriamo di poterti avere al più presto qui con noi, tra i tuoi cari e i tuoi amici.
Con affetto e gratitudine a te e a tutti i membri del comitato Carlo Giuliani.
Ibrahim Hamid