Nell’ambito di un sistema democratico, fondato sui principi fondamentali della Repubblica, le libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione, nonché sul bilanciamento tra i diversi poteri dello Stato e la loro separazione, quello che sta accadendo in Italia assume contorni di forte preoccupazione.
Il timore principale è che quanto originato da singoli episodi – da ultimo, i feroci attacchi alle decisioni di alcuni Tribunali (in particolare Catania e Firenze) in materia di immigrazione – abbia già travalicato i confini della ordinaria dialettica istituzionale e si possa estendere sino a minare principi basilari che sono garantiti sia dallo svolgimento della funzione giurisdizionale, sia dalla libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di riunione.
Sono, infatti, messi in discussione principi fondamentali della Costituzione e fatti oggetto di attacchi personali coloro che, nei vari ruoli, osano opporre all’impianto legislativo del governo una lettura giuridica diversa, fondata su norme costituzionali o di pari valore, come quelle europee e internazionali.
Abbiamo assistito a dichiarazioni da parte di esponenti del Governo in carica di sconcertante gravità, nel caso riguardante la giudice Apostolico addirittura accompagnate dalla riesumazione di video di anni fa che (non è chiaro per qual motivo) avrebbero dovuto comportare la sua astensione dal prendere una decisione giudiziaria e, dunque, le sue dimissioni; a ciò si sono aggiunte dichiarazioni tali da sminuire gravemente la funzione (sociale e costituzionale) dell’avvocatura, con l’evidente scopo di intimorire professionisti singoli e associazioni.
Affermazioni alle quali hanno fatto seguito e continuano a riprodursi servizi giornalistici e televisivi che additano a singoli giudici, avvocati e associazioni addirittura la responsabilità del fallimento delle attuali politiche nel perseguire gli scopi dichiarati in materia di immigrazione. Attacchi che riguardano anche giudici che hanno concluso da tempo il loro ruolo ed è evidente che l’obiettivo è di intimorire la magistratura tutta e gli operatori giuridici dallo svolgere il loro ruolo nel rispetto della legge; quella legge di cui, però, nessuno parla.
Eppure dovrebbe essere considerato tipico del modello costituzionale e vanto delle istituzioni che ogni persona sia adeguatamente tutelata in sede giudiziaria, che un magistrato della Repubblica adotti decisioni che una delle parti (quand’anche lo Stato) non condivide ovvero che le persone si associno per fare valere scopi condivisi e conformi ai principi costituzionali.
Ciò tanto più se, come nel caso specifico, ci si confronta con normative nuove e complesse, testi legislativi mal scritti e tecniche legislative di dubbia efficacia (in meno di 10 mesi l’attuale governo ha emanato ben 9 atti a contenuto normativo in materia di immigrazione).
Un elemento di fortissima preoccupazione riguarda l’attacco personale rivolto direttamente da rappresentanti del potere esecutivo nei confronti di singoli magistrati: non si critica la decisione nel merito (fatto in sé arricchente il dibattito pubblico) ma si costruiscono tesi volte a minare la credibilità e la terzietà della funzione giurisdizionale, al punto che un Ministro ne chiede addirittura le dimissioni.
Viene messa in discussione, a più latitudini, la libertà costituzionale del singolo magistrato di partecipare a eventi (convegni, iniziative e manifestazioni) nei quali si discuta di determinati provvedimenti legislativi o di prassi messe in atto dalla Pubblica Amministrazione, ignorando che il bilanciato limite all’esercizio dei diritti costituzionali per il/la magistrato/a è regolamentato da precise leggi e sta solo nell’eventuale partecipazione sistematica e continuativa ad attività di partito o nel caso di candidature ad elezioni politiche e amministrative, poiché in tali ipotesi la terzietà e soprattutto l’indipendenza del magistratura può entrare in conflitto di interessi con l’attività politica. È, dunque, pericoloso ritenere che un/una magistrato/a non possa partecipare a libere e pacifiche manifestazioni pubbliche, peraltro occasionali, perché vorrebbe dire far divenire la magistratura un corpo estraneo alla società e allora sì molto pericoloso perché fuori dai ruoli costituzionali.
Desta ulteriore forte preoccupazione l’attacco mediatico ad altri magistrati, rei di avere assunto provvedimenti giudiziali che non sono graditi al governo in carica, allo scopo, neanche troppo velato, di marginalizzare i singoli, così da lederne la dignità e il ruolo ma soprattutto di intimidire altri magistrati dallo svolgere il proprio ruolo “secondo legge” anziché secondo la volontà politica del governo in carica.
A ciò si accompagna l’estensione di questo scontro verso altre figure, quali avvocati e avvocate e associazioni che difendono i diritti delle persone migranti e dei richiedenti asilo, attraverso una progressiva criminalizzazione delle idee altrui.
Gli attacchi in corso, dunque, non riguardano il singolo caso ma hanno effetti pericolosi per l’intera cittadinanza, che se non può confidare nel libero esercizio dei diritti, delle garanzie e delle prerogative costituzionali, nella rigorosa separazione dei poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario – e nella loro reciproca indipendenza, non può sentirsi partecipe del sistema democratico.
L’APPELLO:
ADESIONE INDIVIDUALE:
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ADESIONE DELLE ASSOCIAZIONI
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