Apriamo una stagione di mobilitazione sociale contro le politiche del governo Draghi e i bla-bla-bla dei potenti della Terra

Ci avevano detto che niente sarebbe stato più come prima, ma la pandemia non sembra aver insegnato nulla ai “potenti della terra”, ai governi, ai banchieri, ai grandi gruppi industriali e finanziari.

L’ambiente e i beni comuni continuano ad essere terreno di sfruttamento; le grandi imprese continuano a delocalizzare le produzioni, precarizzare il lavoro ed evadere le imposte; i diritti delle persone, a partire dalle più vulnerabili, continuano ad essere calpestati.

I negoziati internazionali tra i governi (G20, Cop 26 etc.) si chiudono senza decisioni per non cambiare nulla e intanto i paesi poveri rimangono senza vaccini né cure sanitarie; aumentano i conflitti armati scatenati per l’accaparramento delle materie prime, dell’acqua e dei suoli fertili; enormi territori diventano inabitabili a causa del surriscaldamento del pianeta, generando imponenti flussi migratori e mettendo a rischio numerose specie animali e vegetali; chi vive del proprio lavoro perde diritti e dignità anche nei paesi ricchi; le giovani generazioni vengono condannate alla precarietà.

L’Unione Europea e altri Paesi continuano ad opporsi alla sospensione dei brevetti sui vaccini in vista della riunione della WTO a fine novembre, quando tenteranno di forzare le regole per svendere agricoltura e servizi e silenziare i Paesi più poveri e quelli non allineati. 

Nel frattempo, al confine fra Bielorussia e Polonia si consuma un’ennesima tragedia della migrazione e della Fortezza Europa, in Libia continuano le violenze e le torture, e le relazioni fra le potenze continuano a produrre riarmo, nuovi conflitti e nuova guerra fredda.

A livello nazionale, l’indirizzo del governo Draghi, fra legge di bilancio, manovra fiscale, legge sulla concorrenza, sblocco dei licenziamenti e degli sfratti, restrizione della libertà di manifestare e altri provvedimenti, propone una prospettiva feroce sul versante sociale, ecologico, del lavoro. 

Dopo averci detto per decenni che le risorse per dare risposte ai bisogni fondamentali delle persone non c’erano e aver giustificato su questa base sacrifici, compressione dei diritti e demolizione del welfare, oggi i soldi improvvisamente li trovano, ma, in attesa di farli ripagare a noi ripristinando l’austerità, li investono interamente a favore dei ricchi e delle grandi imprese, senza nessuna attenzione alla giustizia sociale e alla transizione ecologica. 

Destinano oltre 100 miliardi alle imprese senza richiedere alcuna condizione relativa alla sicurezza sul lavoro, alla tutela sociale e ambientale e senza mettere alcun argine alle delocalizzazioni, e intanto sbloccano i licenziamenti, generalizzano la precarietà ed evitano ogni possibile grande piano per creare posti di lavoro stabili e utili dal punto di vista sociale e ambientale.

Finanziano i settori dell’agro-business e i grandi produttori e intanto lasciano morire decine di migliaia di piccole aziende agricole e non incentivano le esperienze di lavoro contadino basate sull’agroecologia.

Destinano otto miliardi ad abbassare le tasse dei ricchi e intanto confermano e rilanciano la controriforma Fornero/Monti delle pensioni, attaccano il reddito di cittadinanza, provano a restringere le indennità per le persone disabili, lasciano decine di migliaia di persone senza un tetto dove abitare.

Parlano di transizione ecologica ma finanziano i combustibili fossili e le grandi aziende zootecniche, il consumo di suolo, le grandi e meno grandi opere inutili e devastanti e rilanciano il nucleare.

Affermano il contrasto alla pandemia e intanto non potenziano i servizi esistenti e ampliano la privatizzazione del sistema sanitario nazionale, anche approvando l’autonomia differenziata delle regioni ricche a scapito di quelle povere e del Mezzogiorno.

Privatizzano l’acqua, i beni comuni e i servizi pubblici locali e stravolgono la funzione pubblica, collettiva e sociale assegnata dalla Costituzione ai Comuni e alle città.

Parlano di pace e di comune destino e intanto le porte sono sempre più chiuse in faccia ai migranti, mentre aumentano le spese militari. 

Parlano di eguaglianza, ma investono poco e niente sui diritti e l’autodeterminazione delle donne, sulle infrastrutture sociali e sulle diseguaglianze territoriali, mentre affossano senza vergogna i diritti civili, perpetuando logiche patriarcali.

E dopo aver allineato la grande maggioranza del Parlamento, pensano di risolvere il conflitto sociale con la restrizione della libertà di manifestare e di accedere allo spazio pubblico.

Non è questa la società per cui, nella pandemia, abbiamo fatto e stiamo facendo enormi sacrifici personali e collettivi. Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema.

Ma niente cambierà se non ci facciamo sentire, se non ci organizziamo, se non convergiamo per alzare insieme la voce e schierarci contro questo sistema distruttivo delle persone e della natura e per una società diversa e più giusta, basata sul mutualismo e relazioni di reciproco rispetto fra donne, uomini, popoli, altri animali e con la natura.

I giovani sono in piazza per il clima e il futuro, le donne contro la violenza e per la rivoluzione della cura, i lavoratori per difendere occupazione, diritti e dignità. Uniamo le forze, difendiamoci insieme, torniamo a prendere in mano la nostra vita. Le alternative ci sono, vanno progettate e portate avanti insieme.

Diamo vita, in tutto il paese, a una stagione di mobilitazione sociale per combattere le politiche del governo Draghi e i bla-bla-bla dei potenti della Terra, per dichiarare la totale insostenibilità di questo modello economico e sociale e affermare dal basso la rivoluzione della cura per un’alternativa di società.

Contro l’incubo di una società interamente votata al profitto, insorgiamo per un altro futuro, giusto e solidale.

Percorso di convergenza per la società della cura 

Rete Genova 2021


per aderire scrivere a: societadellacura@gmail.com 


APPELLO e ADESIONI:

https://genova2021.blogspot.com/2021/11/appello-per-una-stagione-di.html

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