Vent’anni dopo il G8 di Genova ci troviamo in un contesto sanitario di normalità malata. Paghiamo gli effetti delle scelte dei governi occidentali di non aver prevenuto la pandemia perché avevano distrutta la sanità pubblica e poi la stanno gestendo senza mettere in discussione il sistema economico e politico che esclude la protezione della popolazione. Le polizie e le forze armate sono state sempre più rafforzate e spinte a pratiche repressive persino contro le vittime del super sfruttamento dei rischi sanitari e ambientali che non hanno mai protezione. Il governo Draghi col sostegno di tutti i partiti e dei maggiori sindacati impone una gestione liberista che non promette nessun risanamento dei gravi problemi che affliggono la maggioranza della popolazione: precariato semi-nero, lavoro nero, neo-schiavitù, mortalità dovuta a incidenti sul lavoro, condizioni di vita a rischio di malattie dovute all’inquinamento di aria, acqua, alimenti e ambienti (è di questo che muoiono ogni anno oltre 647 mila persone a cui si sono aggiunti gli oltre 100 mila per la pandemia). Di fronte a questo massacro sociale e di vite non si pensa in nessun modo a stanziare dei fondi in settori strategici come la sanità territoriale (derubricata a sanità telematica) o alla regolamentazione del generalizzato e mafioso sistema degli appalti (nel pubblico come nel privato): piuttosto, vengono investiti 30 miliardi del PNRR in spese militari, dimostrando che cosa sia realmente strategico per questo governo e per la classe dominante di questo paese.
Come vent’anni fa i dominanti non hanno alcuna intenzione di ridurre i loro profitti e la loro ricchezza che aumentano sempre di più mentre aumenta la povertà e si aggravano le condizioni di lavoro e di vita della maggioranza della popolazione. Pur di mantenere questo obiettivo di continuo aumento della loro ricchezza e del loro potere -come suggerisce il Fondo monetario internazionale- sono pronti a usare ogni brutalità poliziesca e militare contro chi si rivolta contro questo dominio, l’accanimento giudiziario nei confronti dei militanti e persino contro le vittime delle grandi opere devastanti come il TAV, il TIP, il MUOS, il TAP e altri grandi cantieri sostenuti da tutti i partiti, massonerie e opus dei.
È ormai evidente che in tutti i paesi come in Italia il potere economico e politico punta a sfruttare la pandemia per aumentare il controllo sociale e politico e le forme dello sfruttamento, per erodere sempre più le possibilità e capacità di agire collettivo, cioè le lotte dei lavoratori e della popolazione per la propria protezione. Così come 20 anni fa, ancora una volta c’è un inasprimento della legislazione d’emergenza e degli strumenti per impedire la diffusione del conflitto sociale.
Questo è il primo punto di riflessione che vogliamo proporre alla discussione collettiva: come è cresciuto, anche da Genova 2001 in poi, il sistema del controllo e della riduzione delle libertà, come sono stati attaccati i movimenti e gli attivisti, e come questa restrizione delle libertà abbia corrisposto ad un accentramento delle decisioni e ad una progressiva riduzione degli spazi di agibilità e di espressione. L’Italia è uno dei paesi che più di altri ha fatto scuola sul tema della sospensione dei diritti democratici (si pensi alla legge contro il diritto di sciopero) e dove i meccanismi emergenziali sono poi diventati provvedimenti di gestione ordinaria e permanente dei rapporti sociali.
Questa riduzione delle libertà e dei margini di espressione del conflitto sociale ha trovato una pesante complicità nel mondo politico e sindacale, e poche sono state le voci del mondo della cultura e dell’arte che hanno saputo tenere viva la critica a questa forma di democrazia sempre più autoritaria. Legalità, sicurezza e decoro sono stati declinati come strumenti di controllo e repressione e sono serviti per rafforzare l’uso del codice penale e delle polizie nella gestione dei conflitti sociali. Anche nel mondo del lavoro si è imposta una cultura che ha annichilito il diritto del lavoro, producendo uno spostamento di gran parte della magistratura verso atteggiamenti sempre più contigui agli interessi delle imprese e dei poteri forti.
Invertire la tendenza in questo campo e combattere il soffocamento dei movimenti sociali è una priorità per chiunque voglia provare a cambiare il destino del nostro Paese. Quando dai lavoratori in lotta sale il grido “Tocca Uno Tocca Tutti” è a questo meccanismo repressivo che si fa riferimento e al riverbero che l’attacco ai lavoratori riproduce su tutta la società.
Ma questa dinamica di rafforzamento del dominio non è un fenomeno solo italiano né è il prodotto di dinamiche che si possono spiegare sulla base di fattori esclusivamente interni. C’è una accresciuta competizione internazionale tra blocchi economici contrapposti che sta condizionando la scena mondiale e che influisce in modo sempre più pesante nella vita del nostro paese.
Quando a Genova 2001 contestavamo il G8 questa dinamica non si era ancora mostrata in modo chiaro. Oggi le regole ferree stabilite a Bruxelles si riflettono in modo rigido nella gestione di ogni paese aderente alla UE, fino alla pratica criminale di Frontex che agisce per far morire i migranti. Queste regole oggi spingono ad una forte accelerazione della competizione con altre aree del mondo, imponendo una pesante ristrutturazione del sistema economico e produttivo ed un insieme di riforme fortemente volute dagli organi di controllo della UE come quelle che passano col Piano di Rilancio e delle risorse europee “messe a disposizione per uscire dalla crisi dovuta alla pandemia”.
Questo è il secondo punto di riflessione che proponiamo alla discussione collettiva: il cambiamento del quadro internazionale, il clima da guerra ibrida sospinto dagli imperialismi occidentali e l’asservimento sempre crescente del cosiddetto stato di diritto agli interessi delle grandi speculazioni finanziarie. Prendere coscienza del quadro geopolitico nel quale è inserito il nostro Paese è indispensabile per comprendere la natura dei processi sociali ed economici e per decodificare i messaggi ingannevoli che stanno dietro la stessa gestione del processo di superamento della crisi sanitaria.
C’è infine un terzo tema che vogliamo proporre alla riflessione collettiva: gli strumenti di organizzazione che finora ci siamo dati, sul piano politico, sociale e sindacale sono adeguati ad affrontare la situazione? Vogliamo riflettere su come le trasformazioni della società ma anche eventi storici particolari, tra cui anche quello delle giornate di Genova 2001, abbiano contribuito a condizionare i processi di riorganizzazione soggettiva. L’agire per piccoli gruppi, il concentrarsi su specifici scopi o contesti locali, la difficoltà della pratica della dimensione generale costituiscono fattori di avanzamento o di arretramento? È possibile reggere l’urto di eventi epocali come quelli che stiamo vivendo senza alzare lo sguardo ed anche l’ambizione oltre il piano particolare?
Quella spinta al cambiamento generale che animò le vie e le piazze di Genova vent’anni fa e che spinse una generazione a reclamare con la lotta di strada il diritto ad un altro mondo non è stata sconfitta. Anzi, sono in tanti che in quei giorni non c’erano, perché non erano neanche nati o perché troppo piccoli, che si domandano come organizzarsi meglio, come imparare dagli errori, come capire quello che sembra troppo complicato. E che vogliono farlo nelle lotte.
A tutti/e costoro è rivolto il nostro invito a venire a discutere, a riflettere insieme, a pensare e ad agire collettivamente il cambiamento che verrà.
Con Carlo nel cuore.
Genova 2021 – 16 e 17 luglio – presso CAP (Circolo portuali) via Ariberto Albertazzi 3 r
venerdì 16
- ore 17 Conflitti sociali e democrazia autoritaria
- ore 21 Conferenza internazionale dei lavoratori portuali: fuori la guerra dai porti
sabato 17
- ore 10 Competizione internazionale e nuove schiavitù
- ore 12 Movimenti e organizzazione: lanciamo il cuore oltre l’ostacolo
Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Osservatorio Repressione – Cambiare Rotta – Unione Sindacale di Base